" INTERPLAY " 11 maggio | 9 giugno 2013
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« INTERPLAY » | Erich Dapunt | premessa
La rassegna "Interplay", è un interessante lavoro del fotografo altoatesino Erich Dapunt con il quale condivido una profonda affinità intellettuale per quanto concerne l'approccio alla fotografia ed al paesaggio urbano in particolare.
In tempi recenti, ho avuto il piacere di lavorare con lui nell’ambito della ricerca, condivisa con altri sei fotografi, dal titolo: "A nord di Trento, a sud di Bolzano".
Interessato dai suoi scatti e dal modo personale con cui affronta le tematiche del paesaggio urbano, frutto di una metodologia di ripresa rigorosa, originalmente espressiva e distante dalle prevedibili ed autoreferenziali rappresentazioni documentaristiche di taluna “nostrana” fotografia, ho suggerito ad Erich, che ha accolto con entusiasmo l’invito, di proporre i sui scatti presso lo Spazio Espositivo Pretto.
La rassegna proposta è basata su 14 interessanti scatti di paesaggio urbano ed è magistralmente supportata, oltreché da una chiarissima ed intrigante visione, da una introduzione – impiegata anche nell’omonimo volume – realizzata da Alessandro Costazza, docente di Germanistica presso la Facoltà Magistrale di lingue e letterature europee ed extraeuropee di Milano.
N.B. ! Il volume “Interplay” sarà disponibile il giorno dell’inaugurazione e sarà possibile acquistarlo, ad un prezzo agevolato, direttamente dall’autore.
Nota sulle stampe: Le immagini sono in formato A2 ed ho avuto il piacere, su indicazione e post-produzione dell'autore, di curarne personalmente la stampa (carta fineart Hahnemühle PhotoRag Baryta 315, inchiostri Ultrachrome K-3 e stampanti Epson 3880 e 7890).
Luca Chistè / Phf Photoforma | maggio 2013 |
« INTERPLAY » | Erich Dapunt | presentazione
INTERPLAY:
un gioco di linee, superfici e colori, ma anche di tempi, di spazi e di luoghi,
tra simbologia e oggettualità
Queste fotografie di Erich Dapunt dimostrano innanzitutto come la fotografia, ben lontana dall’essere una riproduzione meccanica e passiva del reale, crei piuttosto la realtà che rappresenta, conferendole quell’aura che la trasforma in opera d’arte: isolando dal continuum del reale una parete, essa obbliga chi guarda a considerare i rapporti esistenti tra linee, forme, colori e superfici da un punto di vista puramente estetico.
La prima serie di fotografie di questo volume riduce l’immagine alla bidimensionalità quasi assoluta di linee verticali e orizzontali, in cui l’unica “profondità” presente sembra essere quella delle increspature, delle ruvidità o della materialità delle pareti.
Due archi della S-Bahn, fotografati prima di fronte e poi in leggera prospettiva, sembrano quasi condurre verso un’apertura dello spazio alla terza dimensione: mentre dietro a una parete si intravvede addirittura il cielo, le linee oblique presenti in altre fotografie conducono lo sguardo verso profondità che appaiono ancora più abissali quando sprofondano nel nero di porte o finestre aperte, oppure si riflettono in una pozza d’acqua. In altre fotografie ancora, la prospettiva disegnata da colonne o da scale che non conducono a nulla rimanda poi all’infinito del cielo. Si ritorna quindi a una bidimensionalità diversa, meno astratta della prima, in cui i muri diventano portatori di altre immagini, di murales, graffiti o pannelli pubblicitari.
Se nella prima serie di fotografie si assisteva a un interplay – inteso come gioco o concerto – di rapporti formali, cromatici e anche tattili, ora il gioco di rinvii diventa più complesso. Perché le forme non sono più solo “astratte”, ma rappresentano piuttosto rimandi artificiali alla seconda potenza, messaggi tolti al loro contesto significante originale e messi in interazione con altre forme e colori.
D’altra parte anche i muri fotografati nella loro bidimensionalità si aprivano già a profondità e significati ulteriori. Tutte le pareti fotografate rivelano infatti, a ben guardare, la presenza di porte o finestre, spesso murate o quasi camuffate, che suggeriscono, dietro alla facciata, altri spazi verso cui fuggire o dai quali potrebbe provenire il pericolo. Queste pareti sembrano parlare, raccontare storie: sono muri abbandonati, in disfacimento, che portano però sempre le tracce dell’uomo, resti forse di una civiltà scomparsa. L’uomo sembra aver abbandonato da tempo questi spazi, lasciando dietro di sé solo rovine e rifiuti. In un caso soltanto, dietro a un muro diroccato compaiono una sedia e un tavolino che rimandano a una presenza umana vicina.
Un altro muro è coperto invece da un telone che rappresenta una scena di vita di moltissimi anni fa, ma una rete metallica ci esclude simbolicamente da quel passato e una freccia ci indica che bisogna prendere un’altra direzione.
Le didascalie ci dicono che molte delle foto contenute nel volume sono state scattate a Berlino e nei Paesi Baltici. Potremmo dunque essere tentati di attribuire anche un significato simbolico a queste immagini, che vogliono forse rappresentare il decadimento di quel mondo socialista o addirittura resti degli edifici abbandonati dalla StaSi, echi sinistri di un tempo passato ed oscuro.
Il ricordo corre allora a certe immagini del film Stalker (1979) di Andrej Tarkovskij, oppure a certi racconti di Wolfgang Hilbig e l’interplay si trasforma qui in un gioco di rimandi tra diversi piani simbolici. Si scopre, tuttavia, guardando i luoghi dove sono state scattate le foto, che anche gli spazi o le pareti fotografate a Berlino o in Lettonia non si discostano poi molto da quelle fotografate in Oregon: c’è dunque una continuità e un gioco di scambi e di rimandi anche qui, tra la vecchia o vecchissima Europa e quello che almeno una volta veniva chiamato il “nuovo mondo”.
Tutte le foto sono comunque testimonianza di un processo inarrestabile di distruzione, di entropia, al quale nemmeno le immagini dipinte o le immagini pubblicitarie riescono ad opporsi completamente. Questo processo entropico è ben rappresentato dalle tre immagini finali, nelle quali i relitti della civiltà ricordano Il mare di ghiaccio di Caspar David Friedrich e quindi i dipinti di Jackson Pollock. L’azzurro del cielo sembra bensì garantire una durata forse eterna, ma i rifiuti pressati, che assomigliano al duro marmo, rivelano invece tutta lo loro fragilità e finiscono poi per coprire anche il cielo.
Queste immagini ci riconducono a quei muri che si sfaldano in apertura del volume, chiudendo così un cerchio che è anche ermeneutico e che può e deve ricominciare sempre da capo. Dopo esserci lasciati affascinare dalle forme e dai colori, considerando le foto solo nella loro pura esteriorità estetica, siamo portati a cercare in esse, in un secondo momento, il rimando a una dimensione diversa, forse simbolica, a una qualche verità nascosta.
Si devono poi però considerare le foto anche nel rapporto sintagmatico della loro successione, quasi che raccontassero una storia, la progressione cioè dalla bidimensionalità verso uno spazio tridimensionale ristretto eppure infinito, e di qui a un gioco complesso di immagini strappate al loro originario contesto significante e per così dire risemantizzate in nuovi contesti formali.
Questo percorso culmina infine negli ultimi scatti in una graduale negazione tanto dello spazio che del tempo.
Alessandro Costazza
Presentazione tratta dal volume di Erich Dapunt: "INTERPLAY"
SCHEDA EVENTO
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Titolo: |
“INTERPLAY” |
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Autore: |
ERICH DAPUNT |
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Inaugurazione: |
Sabato 11 maggio / ore 18.30 / |
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Date: |
2013 > 11 maggio | 9 giugno |
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Orario: |
h24/24 – consigliata la visione notturna.. |
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Luogo: |
Trento - Spazio espositivo Pretto | p.zza San Benedetto |
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Gallery online: |
La gallery sarà disponibile alla visione dopo la data della vernice |
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Catalogo/volume: |
L'autore ha prodotto un volume, dal quale sono state tratte le 14 immagini della rassegna, dal titolo: "Interplay". |
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Contatti & info: |
PHF PHOTOFORMA / LUCA CHISTE' |
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